7 febbraio 2018.
Ero a casa di amici per un saluto collettivo prima della mia partenza, eravamo in 7/8 e a un certo punto suona il telefono:
"Allora Ale, previsioni per questa quarta Olimpiade?" – mi chiede un amico di Milano.
"Non ci sono previsioni. Vado a vedere l'Ary vincere l'oro. Vado a vedere la storia" – rispondo con fermezza.
La telefonata termina con un “che gufata”, ma io sono certo di quello che sto dicendo.
Il giorno dopo si parte.
Due voli, un treno ad alta velocità e finalmente arrivo a Gangneung in compagnia di mamma Maria Luisa, papà Renato e zio Michele. Una volta trovato l’appartamento, l’unico obiettivo è quello di cenare con Ary e Anthony. Impresa apparentemente semplice, direte.
Ma quando ti trovi in un continente dove nessuno ti capisce, anche ciò che è semplice diventa quasi impossibile.
Per fortuna, grazie alla generosità di alcuni ragazzi coreani, riusciamo a incontrarli ed abbracciarli, anche solo per una cena veloce.
L'indomani si aprono ufficialmente i Giochi Olimpici Invernali.
Ci trasferiamo quindi a Pyeongchang per la cerimonia di apertura, nel corso della quale Ary, portabandiera della spedizione azzurra, sventola il tricolore italiano davanti a milioni di spettatori.
E’ un pomeriggio emozionante: stadio gremito, organizzazione impeccabile, tanti spettacoli e giochi di luce. Quando sentiamo lo speaker annunciare l’ingresso dell’Italia e di tutti i suoi atleti, rivolgiamo lo sguardo verso Arianna: dalla sua espressione traspare gioia, orgoglio per essere “la prima della fila” ma soprattutto emerge la sua voglia di lasciare un segno indelebile in questa Olimpiade.
La notte prima dei 500 metri ho fatto un sogno, che finora avevo rivelato solo a mia mamma: nel sogno c’era Nonno Livio che sorrideva. La sua immagine sorridente mi ha accompagnato in quelle due settimane e in un certo senso credo che lui abbia vigilato dall’alto affinché tutto andasse nella giusta direzione.
Arriva quindi il giorno dei 500 m, martedì 13 febbraio 2018.
Sapevo che Ary avrebbe dato tutta se stessa per realizzare il suo sogno, quello di salire sul gradino più alto del podio.
La tensione è altissima.
Quarti, semifinale e poi finale.
Le emozioni corrono velocissime nello Short Track: in poco meno di un minuto si alternano pensieri, paure, stati d’animo che cambiano ad ogni curva.
All’ultimo giro Ary e la coerana sono vicinissime, all’arrivo la distanza tra le due è inesistente, ma in cuor mio non ho mai dubitato del fatto che Ary fosse davanti.
La fotocellula conferma: è ORO, finalmente è ORO!
Io e lo zio ci troviamo in un settore dello stadio diverso da quello di mamma e papà: ritrovarsi, abbracciarsi, emozionarsi insieme nel vedere Ary salire su quel gradino del podio è stato uno dei momenti più entusiasmanti della mia vita.
La serata prosegue con i doverosi festeggiamenti: una buonissima birra locale con Ary e Anthony, mentre il telefono non smette mai di squillare.
Il giorno dopo, nel corso della cerimonia di consegna della medaglia, il freddo e le temperature rigide la fanno da padrone. Ma quando ci sono di mezzo emozioni di questo genere, niente può impedirti di vivere quel momento al massimo: tiro fuori il telefonino, urlo e canto l’inno a squarciagola. Chiudo con un “Grande Ary” che mi dicono si sia sentito in mondovisione!
Ma non è finita qua: ricordate quando dicevo al mio amico “vado a vedere la storia”?
Una sola medaglia, anche se del metallo più prezioso, non bastava.
Si passa cosi al giorno dei 1500 m: anche qui Ary riesce a raggiungere la finale, finale molto difficile perché le atlete in gara sono davvero agguerrite, perché la tattica nei 1500 m assume un ruolo fondamentale, perché bisogna dosare bene le energie.
Quel giorno non arriva nessuna medaglia, ma vengono poste le basi per quello che succederà negli ultimi due giorni di gara.
Cosa è successo?
Medaglia d'argento con le ragazze nella staffetta e medaglia di bronzo nei 1000 m, la distanza prediletta da Anthony e l’unica in cui Ary non aveva ancora vinto ancora una medaglia olimpica.
Il bottino finale recita "oro, argento e bronzo": aggiunte alle 5 già in cassaforte fanno 8 medaglie olimpiche!
Si può così tornare a casa per ricordare a coloro che titubavano e non credevano in lei che solo i veri campioni possono lasciare un segno indelebile nella storia.
Dal tuo fratellone, GRAZIE DI CUORE ARY.